giovedì, Novembre 21, 2024
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Misurare per cambiare

Partiamo dal più grande eco-murales del Sud Italia, inaugurato a Napoli esattamente un anno fa. L’opera monumentale di 370 mq, firmata dall’artista Zed1, è esempio di connessione ideale tra arte e sostenibilità, bellezza e riqualificazione e non solo perché è realizzata con eco-pittura, brevettata per assorbire ogni giorno lo smog di 79 veicoli.

L’eco-murale, curato dall’organizzazione non profit Yourban 2030 si innesta nell’ambito della campagna #UnlockTheChange lanciata dalle BCorp italiane e racconta una favola che si spera diventi realtà: una bambina spalanca le porte del futuro e apre gli orizzonti a nuove idee di sostenibilità per un nuovo modo diverso di essere comunità.

Luci e colori inondano così un angolo della città: non un luogo qualsiasi, ma Fuorigrotta, un quartiere di Napoli che, a trent’anni esatti dalla chiusura dell’Italsider (ex ILVA) e dalla messa al bando dell’amianto, conosce bene i danni della mancata riconversione. E non un posto qualsiasi… una scuola media, la Silio Italico, quale contesto ideale per ospitare l’opera.Un invito indelebile nel tempo per cittadini, istituzioni e imprese a partecipare al cambiamento mettendo responsabilmente la sostenibilità in cima alle priorità di tutti. “La scelta di una scuola – come ha sottolineato Veronica De Angelis, Presidente e Founder di Yourban 2030 – è fondamentale per lanciare un messaggio di cambiamento ai giovani e per trasmettere i valori dell’Agenda 2030 ai cittadini del futuro.


L’opera apre la campagna di comunicazione #UnlockTheChange, concepita per promuovere i valori e i temi chiave delle BCorp ma soprattutto per stimolare la transizione verso un modello di stakeholder company innovativo, che guarda all’interesse della collettività, misurando e migliorando le performance ambientali e sociali come fattori essenziali per generare valore.

Ora, che si chiamino società benefit, BCorp o imprese responsabili, che si parli di economia civile o di capitalismo umano, come da più parti evocato, di certo siamo davanti alla più grande ondata di cambiamento della storia dall’ultimo dopoguerra e siamo tutti chiamati a riprogettare i modelli di produzione e consumo, processi collaborativi e stili di vita. Una “rivoluzione copernicana” che sposta l’asse su cui ruota – o dovrebbe ruotare – l’intero  sistema produttivo rimettendo al centro le persone, nella loro diversità e in una logica di pari accesso alle opportunità, come fonte di valore e al tempo stesso come veri destinatari del valore generato. 

Non a caso l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito, a partire dal 2011, la Giornata Internazionale della Felicità, scegliendo il 20 marzo di ogni anno per ricordare come la soddisfazione per una vita piena e la realizzazione del potenziale di ciascuno sia lo scopo ultimo a cui mira tutta l’umanità, la forma più alta con cui dare vero senso al concetto di progresso. Un’idea di felicità collettiva che torna ad essere il “nuovo paradigma” per ricostruire il senso di essere comunità, nella ormai consapevolezza che dal benessere altrui dipende il benessere del singolo. Perché “nessuno può prosperare in un contesto depresso” e “se prendo devo anche restituire” affinché il bacino di approvvigionamento non solo non si impoverisca ma possa rigenerarsi nel tempo. Una lettura “laica” del concetto di Corporate Social Responsibility che si consolida come imperativo strategico, in particolare, per quelle imprese che  vogliono garantirsi la propria sostenibilità in una logica di lungo periodo.

Una sorta di dare e avere che trova fondamento nella necessità per l’impresa di misurare sé stessa nella sua capacità di generare e poi distribuire valore per tutti i suoi portatori d’interesse, siano essi azionisti e finanziatori, dipendenti e fornitori, clienti e comunità locali. Una rigorosa misurazione delle performance aziendali, non solo economiche ma anche ambientali e sociali, è infatti uno dei primi passi da compiere per conoscere e gestire meglio rischi ed opportunità, sprechi ed inefficienze, impatti e ricadute delle attività dell’impresa. Un approccio “scientifico” indispensabile per ridefinire aree ed obiettivi di miglioramento, per massimizzare i ritorni e governare il cambiamento verso la sostenibilità a vantaggio di tutti gli stakeholder. Un metodo puntuale che consente, nel contempo, di valorizzare quanto l’impresa ha già messo in campo ancor prima di definire quello che potrà fare, che porta ad emersione i valori che hanno ispirato le attività aziendali ed i risultati raggiunti nel soddisfare le attese dei diversi soggetti con cui si relaziona. 

“Dopo aver verificato la reale determinazione dell’azienda ad avviare il processo di cambiamento, o come diciamo noi ad attivare il CSRGATE, la leva fondamentale sta nel controllo di gestione dell’impresa” ha sottolineato Raffaella Papa – presidente di Spazio alla Responsabilità – durante la presentazione dei business case a chiusura del 2° Corso di Alta Formazione Esperto CSR. “Misurare le performance economiche, ambientali e sociali, nella dimensione fisica come in quella digitale, consente di non disperdere parte del valore già prodotto e di migliorare la capacità di generare ulteriore valore aggiunto dalle attività aziendali nel tempo. Per questo il bilancio di sostenibilità rappresenta un fondamentale strumento di indirizzo strategico e non una mera narrazione delle sole cose buone realizzate dall’impresa”.

Una strada da percorrere proprio ora, in un momento di profonda incertezza, con una pandemia non ancora alle spalle e la “guerra sulla soglia di casa” che rendono difficile qualsiasi scelta strategica destabilizzando piani di azione già intrapresi. Uno stato di giusta preoccupazione che però “non può congelare” il nostro domani – riprendendo l’invito di Leopoldo Gasbarro, Direttore di Wall Street Italia nella sua rubrica settimanale “Mercati Che Fare” in onda su TgCom24. E’ piuttosto l’occasione per guardarsi dentro, misurare e riorganizzarsi per affrontare le nuove sfide. Vince chi investe sul domani!

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